Plagiocefalia

“La mia piccola adesso è un’altra bambina”. Così la mamma di una bimba di 11 mesi che grazie all’osteopatia, nelle prime 3 sedute, ha completamente recuperato una plagiocefalia posizionale.

Su neonati più piccoli la plagiocefalia posizionale può essere recuperata in molto meno; in questo caso la piccola paziente aveva 9 mesi alla prima seduta, per cui il lavoro di riequilibrio cranico è stato un po’ più lungo.

L’osteopatia lavora sulle plagiocefalie posizionali

“Al contrario della plagiocefalia anteriore, che è una patologia chirurgica – chiarisce l’osteopata Tommaso Ferroni, Presidente della Scuola di Osteopatia Pediatrica di Firenze – la plagiocefalia posteriore posizionale può avere varie cause e deve essere osservata per capire se deriva da un evento alla nascita, se era presente prima o se subentra dopo. Al Meyer dal 1 novembre 2015 al 15 dicembre 2016 in reparto sono state operate 125 craniostenosi di cui 58 trattate attraverso l’osteopatia, che insieme alla terapia posizionale lavora in tal senso; prima ci deve essere una osservazione per poter affrontare le varie situazioni in modalità diverse: per esempio se durante il parto avviene qualche avvenimento traumatico, allora si lavora osteopaticamente per risolvere il trauma da parto; se invece il bambino nasce con la testa storta per una formazione di crescita errata dell’osso durante la gestazione, a questo punto l’osteopata deve lavorare sul campo morfogenetico e con tecniche fluidiche. Viceversa ancora la plagiocefalia se avviene post parto, l’osteopata deve percepire le cause, come per esempio la postura nel dormire, e intervenire permettendo però al contempo al sistema di potersi autoregolare”.

Che l’osteopatia funzioni per il recupero di plagiocefalie non è nuovo, per questo è importante raccontare le storie dei piccoli che grazie all’aiuto dell’osteopata hanno superato questo problema, senza ausili esterni – come per esempio i caschetti – ma con la sola azione delle mani, che sul cranio di un neonato le cui ossa non sono ancora saldate e quindi sono più morbide e flessibili, hanno un’azione molto forte sul riequilibrio.

“Alla SIOP – chiosa Ferroni – vogliamo dare molta forza all’osservazione del sistema volta alla sua autoregolazione nella globalità del paziente: il punto centrale del nostro lavoro è il sostegno alla salute.

Per questi motivi al Meyer, che ha nella sua filosofia la mini invasività, noi osteopati siamo contro l’idea del caschetto, che secondo noi va contro la logica osteopatica. La filosofia dell’osteopatia è un sostegno alla salute mentre il caschetto è una forzatura del meccanismo”.

A causare la plagiocefalia posizionale della piccola L… è stata la posizione in culla. Il dismorfismo cranico è subentrato intorno al terzo mese di vita, a seguito della posizione supina prolungata con la testa “schiacciata sul cuscino” causata dal pianto insistente dovuto alle colichette e al reflusso gastroesofageo, che in seguito si è risolto grazie all’osteopatia, contestualmente al riequilibrio del cranio.
 

“Siamo giunti dall’osteopata grazie al suggerimento di un pediatra di Bari – racconta la mamma – ma solo dopo molti consulti medici e neurologici non risolutivi, fra cui il consiglio di un neurochirurgo infantile che, dopo aver escluso una craniostenosi, ci ha suggerito l’acquisto di un caschetto per plagiocefalie dal costo proibitivo di 4.500 euro che eravamo già disposti ad acquistare …”.

La plagiocefalia posizionale si risolve dunque con l’osteopatia, proprio come confermano diverse ricerche scientifiche a sostegno dell’efficacia del trattamento manipolativo osteopatico delle patologie pediatriche, fra cui proprio la plagiocefalia.

“È come se l’osteopata l’avesse sbloccata – ci dice la mamma della piccola L… – ma poi la bambina ha fatto tutto da sola, migliorando anche la condizione di reflusso gastroesofageo, che già dopo la prima seduta osteopatica è praticamente sparito”.